Chiamiamole Emozioni

La parola Emozione deriva dal latino “e-movere”, che significa “portare fuori, smuovere”.

Rappresenta quindi qualcosa che ci mette in moto, che attiva la mente ed il nostro sentire: le emozioni sono presenti dentro di noi e si manifestano all’esterno. Paul Ekman, uno psicologo Statunitense e pioniere negli studi sulle emozioni, ha individuato 6 emozioni di base:

  • paura
  • rabbia
  • disgusto
  • tristezza
  • sorpresa
  • felicità

Esse sono presenti in tutte le culture ed universalmente identificabili attraverso le espressioni facciali. Le emozioni sono sì universali, ma ciò che le provoca invece no: varia a seconda della cultura, dei contesti e soprattutto degli individui.

La maggior parte delle persone ritiene che le prime quattro emozioni siano negative (paura, rabbia, disgusto e tristezza), che la sorpresa è neutra e che solo una, la gioia, è positiva. Perché? Forse perché suscitano in noi delle sensazioni piacevoli o spiacevoli? Forse perché alcune determinano serenità e ci motivano ad agire al meglio delle nostre possibilità, mentre altre al contrario provocano disagio e sofferenza? Forse perché è implicito in ognuno di noi un riferimento alla cultura su cosa sia giusto/sbagliato provare?

Forse, facendo una riflessione a monte, possiamo dirci semplicemente che non esistono emozioni negative o positive. Ognuna vuole veicolarci un’informazione, un messaggio, per noi importantissimo: ogni emozione può essere concepita come una “spia” del nostro interno. Pensate…La spia della temperatura è positiva o negativa? La spia della batteria del telefono è positiva (ci avverte di ricaricarla?) o negativa (batteria scarica e telefono che si spegne?)?

Perché non pensare quindi alle emozioni come dei semplici “segnali”? Forse sono soltanto dei campanelli che ci avvertono di qualcosa, delle spie, che richiamano la nostra attenzione in modo da poter trovare la soluzione più funzionale a quel che ci sta accadendo e a ciò che quella situazione genera emotivamente in noi. E proprio questo, oltre al dare un nome alle emozioni che proviamo, aiuta a prendere consapevolezza della propria sfera emotiva.

Nel dettaglio, l'esperienza soggettiva che chiamiamo Emozione è composta da:

  • cambiamenti fisiologici (accelerazione battito cardiaco, sudorazione, ecc.);
  • sensazioni (stomaco chiuso, nodo alla gola, ecc..);
  • impulsi (voglia di “fare un qualcosa”);
  • espressioni del viso
  • pensieri

Queste dimensioni appaiono confuse fino a quando non si impara a leggere i propri stati interiori attraverso la consapevolezza di chi siamo e di cosa stiamo provando.

Quando si presenta un'emozione, che non riusciamo a controllare, un modo di “gestirla” consiste nell'osservarla solamente, senza nè giudicarla nè reprimerla, perché altrimenti si corre il rischio di aumentare il nostro malessere. Abbiamo la possibilità di imparare dalle nostre emozioni solo se cominciamo ad accoglierle, a conoscerle, prendendo coscienza dei nostri automatismi ed evitando il reprimere o il lasciar esplodere le emozioni che stiamo provando. Le ricerche scientifiche dimostrano che le emozioni mal gestite possono avere un effetto negativo sulla nostra salute sia mentale che fisica. Alcuni dati dimostrano che le persone in grado di gestire bene le loro emozioni beneficiano invece di effetti positivi: hanno una migliore salute psico-fisica, una vita più serena ed equilibrata, relazioni sociali migliori.

Ogni essere umano ha la capacità di imparare a gestire al meglio le proprie emozioni e di viverle pienamente e consapevolmente per migliorare la qualità della sua vita e soprattutto per “essere presente a quel che è”.

 

“Mi chiedi qual è stato il mio progresso? Ho cominciato

ad essere amico di me stesso”

-cit. Lucio Anneo Seneca-

 

 

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